Uno studio condotto da People Managing People rivela che quasi un candidato su cinque (18%) potrebbe riconsiderare l’accettazione di un’offerta di lavoro se durante il colloquio viene usato il termine “famiglia”. Questo cambiamento di percezione evidenzia problemi sottostanti che mettono in discussione l’efficacia della narrazione “siamo come una famiglia”.
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Perché è sbagliato usare il termine “famiglia” sul lavoro
L’uso improprio del termine “famiglia” nel contesto lavorativo può creare aspettative irrealistiche e confondere i confini tra vita professionale e personale, portando a potenziali problemi di equilibrio tra lavoro e vita privata e di dinamiche aziendali.
- Aspettative irrazionali e manipolazione emotiva: l’analogia della “famiglia” può creare un legame emotivo tra dipendenti e azienda, portando a senso di obbligo e colpa se le esigenze personali confliggono con le richieste lavorative. Ciò può portare a burnout, squilibrio tra lavoro e vita privata e risentimento tra i dipendenti.
- Confini sfumati e intrusioni personali: usare la metafora della “famiglia” confonde i confini tra vita professionale e personale, portando a domande intrusive e aspettative di disponibilità costante, generando disagio e sovraccarico tra i dipendenti.
- Favoritismi e nepotismo: enfatizzare i legami familiari può favorire un ambiente dove prevalgono favoritismi e nepotismo, creando trattamenti ingiusti e ostacolando le opportunità di avanzamento di carriera basate sul merito.
- Mancanza di responsabilità e trasparenza: il linguaggio “familiare” può mascherare problemi di responsabilità, portando i dipendenti a sopprimere le preoccupazioni o evitare di mettere in discussione le decisioni per paura di turbare l’armonia percepita.
- Soffocamento della creatività e dell’innovazione: l’enfasi su dinamiche “familiari” può soffocare creatività e innovazione scoraggiando opinioni divergenti o idee non convenzionali, limitando l’adattabilità e la competitività dell’azienda.
Altri cliché aziendali tipici delle multinazionali
Mentre le multinazionali potrebbero usare questi cliché per tentare di creare un senso di unità e motivazione, spesso non riescono a riconoscere le reali esigenze e desideri dei loro dipendenti, specialmente quelli delle nuove generazioni che cercano un ambiente di lavoro più autentico, equilibrato e significativo.
- “Il cliente ha sempre ragione”: Questo cliché può portare i dipendenti a sentirsi sottovalutati e non sostenuti dalla direzione, specialmente in situazioni dove i clienti sono irragionevoli o scorretti.
- “Qui si lavora duro”: spesso interpretato come un invito a lunghi orari di lavoro seguiti da obbligatorie attività sociali, può essere percepito come un’incursione nella vita personale e una promozione di una cultura del lavoro non sostenibile.
- “Siamo tutti sulla stessa barca”: mentre cerca di promuovere l’unità, può essere percepito come un modo per minimizzare le singole sfide o preoccupazioni, ignorando le diverse circostanze e carichi di lavoro di ciascun dipendente.
- “Non ci sono problemi, solo opportunità”: Questa frase può portare i dipendenti a sentirsi come se non potessero esprimere preoccupazioni o problemi reali, creando un ambiente in cui i problemi reali non vengono affrontati adeguatamente.
- “Vestirsi per il lavoro che si vuole, non per quello che si ha”: Questo può portare a pressioni non realistiche e potenzialmente costose riguardo all’aspetto e l’abbigliamento, specialmente per i dipendenti a inizio carriera o in posizioni meno retribuite.
- “Fare di più con meno”: questo cliché può essere visto come una richiesta di aumentare la produttività senza un adeguato supporto o risorse, provocando stress e burnout tra i dipendenti.
- “Non portare problemi, porta soluzioni”: Sebbene inteso per incoraggiare il problem-solving, può scoraggiare i dipendenti dal segnalare problemi se non hanno già una soluzione, impedendo la comunicazione aperta di problemi emergenti.
L’uso di cliché aziendali nasce spesso dalla necessità di gestire un ambiente lavorativo vasto e diversificato, cercando di unificare la comunicazione su larga scala. Tuttavia, ciò può tradursi in messaggi generici che non riflettono la realtà quotidiana dei dipendenti, specialmente in un contesto caratterizzato da forti pressioni per il profitto e un’elevata efficienza.
Per le nuove generazioni, come i Millennials e la Gen Z, che valorizzano l’autenticità, il benessere e l’equilibrio tra vita e lavoro, questi slogan possono sembrare vuoti e disconnessi dalle loro aspirazioni e dalle critiche verso certe pratiche del capitalismo moderno. Di conseguenza, tali frasi fatte, anziché motivare, spesso suscitano reazioni negative, in quanto vengono percepite come inadeguate e non allineate ai valori e alle esigenze dei lavoratori più giovani, che cercano un ambiente di lavoro più autentico e significativo.
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